UN MUSEO PER LA TRADIZIONE

Il Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino di Palermo

Ricomincia il mio percorso con SIM. Quest’anno il mio obiettivo sarà quello di fare delle proposte di didattica artistica alla scoperta di quattro musei che ho particolarmente nel cuore. Si comincia da Palermo…

Partiamo dalla Sicilia per un percorso che ci porterà in quattro musei italiani, toccando latitudini diverse del nostro stivale; si tratterà di incontri molto speciali sia per il tipo di collezioni presentate che per tutte le attività collaterali proposte, anche di didattica artistica, che rendono questi luoghi dei veri e propri presidi di cultura, di vitalità, di attenzione alla conservazione, al territorio in cui si trovano e alla diffusione dei propri contenuti.

Ci piace anche pensare che in Italia, paese che possiede alcuni dei musei più famosi al mondo, ci troviamo in un ambiente trapunto di moltissime realtà, magari molto specializzate e meno note ai molti, che meritano di esser conosciute, soffermandoci con uno sguardo attento proprio su queste ultime.

Parlare di musei, inoltre, non sarà solo l’occasione di conoscerne di nuovi da appuntare in un elenco delle possibili visite da fare in futuro, ma ci servirà anche per prendere spunto per alcune attività da fare a scuola, anche a molti chilometri di distanza.

L’alllestimento più recente dedicato a i pupi palermitani.

La nascita e la storia del Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino sono legate in maniera indissolubile alla figura di Antonio Pasqualino (1930-1995): medico siciliano, pluri-specializzato che ebbe anche incarichi importanti in alcune università americane, tra cui la Emory di Atlanta.

La sua carriera di studi sconfinò anche nell’antropologia e nella semiotica per cui arrivò ad insegnare alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Palermo e nel 1965 e fondò l’Associazione per la conservazione delle tradizioni popolari. Dall’Associazione nacque poi il Museo a lui intitolato e il corpus iniziale del materiale esposto arriva proprio da un attento lavoro di collezionismo del medico siciliano e della moglie, Janne Vibaek, di moltissime testimonianze del teatro dei pupi siciliani: marionette, testi di scena, teatrini.

Dopo che nel ‘75 fu creato il museo, la collezione si ampliò ulteriormente con testimonianze quali burattini, marionette, silhouette per ombre, automi, macchine di scena da tutto il mondo.

Questo museo, quindi, che vede la sua sede rinnovata da alcuni anni nel palazzo storico dell’antico Hotel de France, nei pressi della famosissima Piazza Marina a Palermo, è un luogo che conserva la testimonianza della tradizione mondiale del teatro di figura, prendendosene cura sia da un punto di vista conservativo e museografico che di divulgazione di questa arte popolare e estremamente affascinante.

Antonio Pasqualino e la moglie Janne Vibaek.

COS’È IL TEATRO DI FIGURA

Siamo nell’ambito delle rappresentazioni teatrali e l’origine di questa forma teatrale è antichissima, pare addirittura risalga all’XI secolo avanti Cristo in India. La caratteristica di questo tipo di teatro è quella di fare entrare in scena oggetti e personaggi animati manualmente e costruiti secondo discipline artigianali tipiche delle varie zone di provenienza, anche molto raffinate, utilizzando materiali prevalentemente poveri come legno, stoffe, cartapesta, alcune parti metalliche, gesso, carta, cera… I manufatti creati prendono il nome di marionette e burattini, silhouette nel caso del teatro d’ombre e anche, in generale, pupazzi e pupi. Ci sorprende come anche la lingua evidenzi i processi per cui l’uomo abbia sentito il bisogno di rivivere con modalità collettiva una proiezione di sé ancora prima della nascita del teatro con attori; proprio in una questione etimologica individuiamo questo bisogno ancestrale di insufflare vita umana in un oggetto in grado di incarnare una narrazione in maniera proiettiva. I termini di pupazzo, burattino, pupo e marionetta venivano anche accomunati nella parola fantoccio, che trae origine da fante. Per noi un fante è un uomo a cavallo su una carta da gioco, ma la parola fante deriva dal latino infantem, le sue componenti sono in-, cioè “che non”, e fari, “può ancora parlare”. Ecco che i fantocci sono esseri che non possono ancora parlare, se non per opera dell’uomo.

Il teatro di figura ha inoltre la caratteristica di avere un forte impatto visivo e di vedere incarnato nel burattinaio, marionettista, puparo… una summa di competenze e conoscenze artigianali e artistiche in grado di costruire, letteralmente, tutto l’immaginario che quest’arte di porta dietro.

Attualmente, nelle sue tipologie contemporanee, il teatro di figura rappresenta da una lato il luogo della salvaguardia della tradizione, dall’altro l’avamposto in cui storia e tecniche si mescolano alla ricerca di nuovi stili e nuovi modi con accezioni di contemporaneità molto interessanti.

Per chi volesse leggere l’articolo per intero e approfondire la proposta laboratoriale, potrà abbonarsi alla rivista on line e accedere al link di SIM n° 2, 2022/2023.

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