Capita di rimettere mano alla documentazione, disordinata e parziale, di vecchi laboratori e di rimanere affascinati da quello che i bambini sono in grado di produrre. Per anni non mi sono data una regola precisa nell’archiviare le foto, che, non con poche peripezie, riesco a fare: qui, purtroppo, non sono riuscita a ricostruire da quale lettura io sia partita per arrivare a proporre di rappresentare questo paesaggio. Ma riconosco la mia mania di fare dipingere i bambini col nulla, con strumenti anche poveri sperimentati al massimo delle loro possibilità. E riconosco il lavoro fatto sul gesto.
Spesso mi concentro sul gesto che produce un segno grafico o pittorico, anche facendolo mimare ai bambini, per uscire dalle abitudine che vedono la mano muoversi sempre nello stesso modo.
E poi il gesto ha un peso e un significato, da qui il segno che è significante e diventa esso stesso significato. Tutto concorre quindi alla ricchezza del senso dell’immagine che si produce. Faccio questi ragionamento coi bimbi anche per riproporli a me stessa e provarne le potenzialità Chi disegna e dipinge spesso non è detto che non corra il rischio di abbandonarsi a una monotonia dei gesti che rendono le immagini tutte un po’ uguali.
I gesti, infine hanno una forza o una delicatezza: sfiorano o premono, strofinano o accarezzano, picchiettano o percuotono… l’insieme di tutto quanto detto crea il ductus pittorico, dona significato e espressività. Sono poche le immagini rintracciate per questo laboratorio, purtroppo, ma io le trovo molto significative.